Archive for the ‘Fare impresa’ Category

Il metodo antistronzi non è una stronzata.

Sistemando casa e sfogliando una Moleskine già usata, mi son fermato a rileggere gli appunti presi dalla lettura del libro “Metodo antistronzi”.

Era l’estate 2012 e mi godevo un po’ di riposo dopo una stagione lavorativa particolarmente stressante. Lavoro non mancava, anzi. La scrivania piena di idee, di piani di crescita, di miglioramenti sotto tutti i fronti.

Mi mancavano le persone giuste, però, ero un vulcano di idee ma con il cratere otturato a causa della miopia dei miei collaboratori. Sempre a tentare, invano, di cambiare gli altri, fino ad arrivare allo scontro: sei uno stronzo!

Senza offesa, invece è proprio una caratteristica delle persone: quelli che pensano sempre e solo e maledettamente per sè. Quelli buoni, sono altri!

A futura memoria scrivo qui un minimini riassunto per punti così da essere un efficace richiamo e promemoria per ogni occasione:

  • la vita è breve
  • agire tempestivamente quando si commettono abusi
  • attenzione alla riproduzione omosociale: con l’assunzione si tende a replicarsi
  • è difficile non assumere uno stronzo che promette grandi profitti
  • è complicato mettere alla porta chi sta facendo guadagnare un sacco di soldi
  • “le migliori performance individuali si basano sulla collaborazione dei colleghi nel servire il cliente”
  • inviare una lettera di richiamo ai clienti che si comportano da stronzi, ed in caso invitarli a non comprare più
  • performance migliori con stipendi livellati
  • stronzo di rappresentanza: se lo stronzo è emarginato, serve come monito per capire come NON comportarsi
  • essere stronzi è giusto in un ambiente dove lamentarsi paga

Imprenditori e bar sport

Lamentarsi è tipicamente umano. E lamentarsi a sproposito è squisitamente italiano. La sede adatta ad esercitare tale professione è il bar. La quintessenza del Bar Sport è la discussione contro l’arbitro che accompagna il caffè del lunedì mattina. Il martedì tocca all’allenatore. Mercoledì si pensa internazionale, c’è la coppa.

Questo blog è la voce diretta e firmata di un imprenditore di seconda generazione. Vi parlerò di questo mondo qui, e oggi per farlo mi serve come sottofondo un ipotetico Bar Sport che facciamo finta sia frequentato proprio questa mattina da imprenditori, solo da loro, per uno strano motivo.

Possiamo immaginare, senza rischio di sbagliare di grosso, i discorsi degli avventori con il barista mentre monta il latte, parlando poi tra di loro, tutti a squotere le bustine dello zucchero.

Nessuno, forse, parlerà di tasse, troppo miseramente banale ed inutile. Meglio allora prendersela con gli operai, con i giovani operai: trovarne uno di bravo! Tutti che vogliono fare i direttori, senza gavetta!

Poi, nell’ordine: liquidità, burocrazia, crisi, concorrenza estera. Caffè pagato, basta chiacchiere, via in ufficio. Con l’idea netta nella mente che i politici queste cose non le sanno, così lontani, così legati ai loro particolarissimi interessi. Perché questo è il risultato tangibile di ciò che rimane delle mille inconcludenti storie da Bar Sport.

Per disincantare questi perversi meccanismi mentali, per rimettere ancora una volta la palla al centro del campo delle opinioni, ecco (anche) a cosa servono gli incontri organizzati lo scorso fine settimana in molti comuni del Nordest. Si chiama Festival delle Città Impresa, occasione rara per discutere di prospettive e capire punti di forza territoriali da sviluppare.

Tanti temi, non solo economia ma arte, territorio, gastronomia e musica. Uno in particolare, mi suona bene: cosa produrremmo in Italia? Due senatori, il direttore di un famoso consorzio agroindustriale, un imprenditore e un amministratore delegato di aziende importanti. Non me lo faccio scappare.

Il tema è grosso e pesante, ma rimbalza leggero nel palco di pesi massimi dell’argomento. Che distillano concetti semplici, svelano segreti di pulcinella politicamente scorretti, ma a Trebaseleghe ci si può sbottonare un po’. Il senatore ci informa del suo tastare il polso all’economia del paese: l’Italia viaggia al 57% della sua velocità, ma in realtà aggiungiamoci il 15%, quello è il nero che aumenta la velocità percepita.

Il manager, altra lezione: i consorzi agroalimentari sono forti solamente per la rigidezza delle leggi che lo regolamentano, non per una reale volontà collaborativa dei consorziati, che anzi vogliono fare di testa propria sempre. Le regole fanno più successo degli intenti.

Dall’imprenditore imparo che per battere i concorrenti che sono dei colossi, bisogna innovare, innovare e anche qualcosa in più. Vorrei sapere però dove posso trovare i soldi per fare gli investimenti, ma non è in tema.

L’idea di un senatore mi illumina un percorso riflessivo interessante: la miglior considerazione che si possa fare delle donne, è saperle assecondare neglio orari e metodi di lavoro, cosa che il post-fordismo vero deve mettere in atto.

A proposito di macchine: ancora una volta l’industria automobilistica seppur di peso sempre minore rispetto all’occupazione, detta l’agenda dello sviluppo economico. E’ finita l’era del un-contratto-per-tutti, e questo getta ombra al bipolarismo associativo. Il baricentro contrattuale sarà sempre più vicino alle aziende, sempre più libero.

Insomma devo fare anche questo adesso, non potrò più fare l’imprenditore nel modo in cui lo ero fino ad ieri! Non c’è più il tempo, per davvero, di tornare al Bar Sport per il gusto di lamentarsi un po’!

Operai

Riflettere sul passato, ogni tanto fa bene. E’ di aiuto per prendere le distanze, fare il punto della situazione, capire davvero com’è andata. Perchè se vuoi decretare il vincitore, a volte lo puoi fare solo dopo.

Viviamo in un flusso di continuo presente, di cambiamenti continui dentro una superficie di calma apparente, immobilità sociale ed economica. Per questo, occorre riflettere anche su cosa vuol dire passato, per dare al tempo trascorso la relatività che si merita e capire se, ad un certo punto, possiamo dichiarare risolto un problema, o perchè no, obsoleto.

Leggere Operai significa settare i calendari indietro di 30 anni, viaggiare e riprendere la memoria di una condizione e percezione del mondo del lavoro molto diversa da oggi. Il primo sforzo intellettuale che si compie leggendo il libro oggi, azione involontaria per l’autore, è dare un tempo relativo a 30 anni fa. E si scopre che dagli anni ’80 ad oggi il tempo trascorso è molto maggiore degli anni che troviamo in mezzo.

Parlando del passato, dell’industria italiana, dici FIAT ed hai citato la sola e da sola la grande industria in Italia per antonomasia. Si si, proprio nel paese della “piccola e media impresa”, ancora è vivo e presente il retaggio di un sistema che ha assorbito nel suo ciclone ogni ministero del lavoro, i governi di ambo gli schieramenti e plasmato ogni sindacato.

Il libro entra dentro gli uffici dei responsabili aziendali, gira attento tra i reparti produttivi scrutando macchine, uomini, bacheche. Ma va a scoprire anche cosa succede dentro le sale da pranzo nei condomini degli operai, a Mirafiori ma anche nei paesi del Sud. E poi in gita aziendale, di buonora. Parla di chi le FIAT le produce, di chi ci ha trascorso una vita, di chi è ancora nell’immenso sistema della immensa fabbrica.

Gad Lerner non giudica ma fa parlare gli operai per capirne la loro essenza, la loro presenza sociale e il vissuto. Anch’io non giudicherò, dopo tutto questo tempo molte cose sono cambiate, molte sono rimaste al punto di partenza, solo siamo tutti un po’ divisi.

Pensierino: che bello sarebbe un nuovo movimento operaio, di quelli che lavorano nella costellazione di aziendine, alternativo al pensiero dominante che ha come parole chiave precariato e pensioni?

Il 17 gennaio 2011 a Padova si parla di lavoro e di futuro

Sto organizzando questo evento con gli amici di Primolunedi. Cinque ospiti protagonisti attivi del mondo economico si scambiano esperienze e visioni, rispondono e fanno domande. Non partecipare è a proprio rischio e pericolo!

Imprese e Università si aprono al confronto


Quali sono, oggi, i punti di contatto aperti tra imprese e Università?


Dove sono le aziende nelle Università?


Chi è il lavoratore che domani le aziende cercheranno?



Queste sono alcune domande che i partecipanti delle passate edizioni ci hanno posto. Abbiamo cercato le riposte, ma sono difficili da trovare…

Noi del gruppo Primolunedì lo faremo assieme a voi lunedì 17 gennaio 2011 alle ore 20:00, sala Antonianum – Prato della Valle (Padova).

Segna questa data in agenda!

Ci racconteranno la loro storia bevendo un bicchiere con noi, con il nostro solito stile giovane e fresco:
>Alessandro Pietrobon (lo studente con sogni ambiziosi) presidente AIESEC Venice
>Paolo Gubitta (il professore imprenditoriale) Dipartimento Scienze Economiche Università di Padova
>Paolo Davanzo (il manager) Direzione del Personale VEBI Istituto Biochimico
>Pier Mattia Avesani (lo studente imprenditore) Fondatore e CEO Uqido
>Roberto Guggia (l’imprenditore professore) General Manager Unilab Laboratori Industriali

Ci vediamo lunedì 17 gennaio dalle ore 20:00.

Per chi fosse interessato a cenare all’Antonianum con una pizza prima dell’incontro, deve scrivere, entro lunedì 17 alle ore 14:00, la pizza che vuole a Francesco Barbini (mandando una mail a: francesco.barbini@primolunedi.it ).
Le pizze verranno servite alle ore 20:00.

Ognuno di noi contribuisce alle spese logistiche della serata con 5 Euro.

Lo staff del PrimoLunedì

Agire: coraggio, e tempo

Dedico questo racconto a tutti gli imprenditori che hanno sufficiente umiltà nel mettersi in gioco e pazienza per leggere le prossime righe.

Scrivo da un tavolo in legno nella luminosa lobby di un ostello, a pochi metri dalla stazione centrale di Berlino. Trascorrerò questa settimana in Germania, perché ho deciso che è tempo di divertirsi. Nel senso che voglio lavorare sotto il segno dell’abbondanza, incrementare il giro d’affari, annusare nuove possibilità. Lavorare è divertente, la crisi ci rende tutti più tristi, e poveri di idee.

Questa prima missione di lavoro parte da lontano, circa un anno fa, in un momento in cui ho deciso che è una buona cosa provarci, ad internazionalizzare intendo. Per molto tempo, anche in associazione, ho sentito in prima persona storie di successo con l’export. Poi la mattina dopo leggi nel giornale al tavolo del bar che nella tua città lavorano bene soprattutto le aziende che vendono all’estero, e tu non puoi non fare “1+1”. Ti viene da darti una mossa.

Forse ho impiegato molto tempo, ma prima di così non ce l’ho fatta. Ho lavorato per un solo obiettivo: fare della mia piccola azienda un terreno fertile per nuove idee, attraente abbastanza per importare talenti dall’estero, a pensare all’Europa come campo operativo per qualsiasi decisione o iniziativa da intraprendere. Quindi ho girato, conosciuto, soppesato ed annusato. Fuori dalle mura del mio ufficio, mai più distante della città confinante. L’audacia mi ha premiato, ho visto e vi confermo che li fuori c’è tantissima gente in gamba.

Quindi oggi sono qui, in valigia il pigiama e qualche catalogo tradotto in lingua tedesca da un stagista AIESEC, che conosce me, il prodotto e tutti i suoi punti di forza, la mia azienda, che linea del metro prendere per visitare i clienti con gli appuntamenti già fissati.

Sono a metà, finora è andata molto bene. Il prodotto c’è al 100%, il servizio è da migliorare e già lo sapevo, ora posso intervenire in maniera puntuale nella strategia operativa per renderlo maggiormente affine alle usanze tedesche. Tra qualche giorno i contenuti del nostro sito web saranno pubblicati in 2 nuove lingue, ed immediatamente informerò i miei contatti, programmerò un nuovo viaggio di lavoro.

C’è tanto lavoro da portare a casa, molto pure per la mia azienda. La bella notizia è che non lo farò io, perché ho i talenti al mio fianco, che sono più bravi di me. Non serve spendere molto, ci vuole solo molto coraggio.

Forza!

La sfida dell’aggregazione. Versione 2.0

Doverosa premessa: trattare di aggregazioni di imprese senza scivolare nella “retorica associativa” è un’impresa ardua. Fare squadra e sinergia, costruire filiere orizzontali, verticali e trasversali, consorzi e distretti sono concetti che rischiano di confondere l’imprenditore anteponendo il mezzo al fine in una logica di massimi sistemi – spesso presentati come formidabile panacea anticrisi.

Nella newsletter di oggi presentiamo il risultato di un grande, semplice, esempio: un’azienda operante nel settore dei tendaggi che, attraverso l’Associazione, ricerca una strada per rinnovare una propria linea. Insieme ad un collega specializzato nella lavorazione dell’acciaio inox innova e presenta un nuovo prodotto. Rivoluzionario? Semplicemente due colleghi che si incontrano… E un’Associazione che, permettetemi l’immodestia, fa quello che deve fare.

Un qualunque percorso aggregativo si basa sulla volontà da parte di più imprenditori di condividere qualcosa – idee, risorse, strategie, problemi – allo scopo di crescere (o più semplicemente competere). L’Associazione deve essere un punto di raccolta, un terreno fertile dove lasciare che gli imprenditori si incontrino e si confrontino. Lo stiamo facendo, cercando di ascoltare e conoscere sempre meglio ogni nostro Associato per esserne tramite, o punto di contatto, con gli altri e con il territorio.

Il percorso intrapreso vuole essere innanzitutto culturale, prima che imprenditoriale: la sfida dell’aggregazione riteniamo debba attraversare un percorso di conoscenza e di fiducia tra gli attori, in grado di saper superare la retorica e costruire solide interazioni. Come nella new economy, le esperienze positive e i tanti insuccessi, hanno portato internet a svilupparsi intorno al ruolo attivo (anzi, interattivo) degli utenti: il networking, noto come social, spesso considerato di seconda generazione, 2.0.

Confapi Padova riporta al centro l’imprenditore, rielabora il concetto aggregativo, e ne propone una versione 2.0.

Di settimana in settimana svilupperemo un percorso di microinterazioni tra imprenditori. Lo scopo primario è favorire la conoscenza delle reciproche realtà aziendali al fine di creare le basi, anche interpersonali, per identificare spazi di condivisione.

Sistema Casa e Fabbrica Padova saranno i contenitori dei primi progetti pilota che presenteremo, elaborati sulla base delle attività svolte negli anni precedenti. Cominciamo dal patrimonio di conoscenza acquisito per lasciare il timone agli imprenditori per costruire, insieme, percorsi aggregativi. Versione 2.0.

Noi ripartiamo da Voi, si cercano volenterosi impavidi.

Davide D’Onofrio

Direttore Confapi Padova

Respiro

Torno a scrivere sul mio blog dopo un periodo di cambiamenti importanti per me, e per l’azienda. Ho voluto FARE, e non c’è stato più tempo per altro.

In realtà ho fatto ben poco. Solamente ho preso coscienza della necessità di investire, e preso a piene mani l’incoscienza di rischiare immaginando un futuro tutto da dimostrare. Ogni cosa è stata la diretta conseguenza.

Sto affiancando quotidianamente dei collaboratori stranieri, che lavorano per la mia azienda. Hanno scelto noi, tra i tanti, e mi sento enormemente orgoglioso perché sono persone straordinarie.

Sono partecipe e protagonista della fuga di cervelli al contrario. Sono a contatto con giovani ragazzi che hanno l’Europa come cittadinanza, un passaporto e un trolley come capitale, la rete per orientarsi e tanti punti interrogativi per il futuro.

I voli lowcost non servono solo per andare e tornare da Eurodisney a €10 tasse incluse. Il web 2.0 è molto di più che pubblicare le foto del party di sabato. La generazione Erasmus non è un gruppo di studenti svogliati che vogliono solo far festa.

Capire queste dinamiche, unire velocemente tutti i punti della realtà che ci circonda, spegnendo la tivù per avere il tempo di cogliere i segnali, che da deboli diventano dirompenti nel giro di niente. Questo è quello che voglio fare. Creare un ambiente di lavoro desiderabile da chi un posto se lo vuole meritare. Tutto qui per ora.

6 settembre 2010 | Marketing al Primolunedi

Dai primi pubblicitari della Madison Avenue al marketing 2.0: com’ è cambiato il mondo della pubblicità?
Ti piace smanettare con i tuoi amici sui new media come facebook e i social network, ma in azienda si parla ancora di pagine pubblicitarie e comunicati stampa?

Di questo ed altro discuteremo lunedì 6 settembre, a partire dalle ore 20.00, come sempre in Prato della Valle a Padova.

Marketing. Tra vecchi modelli e nuovi strumenti.

Lo faremo insieme al Prof. Leonardo Buzzavo dell’Università degli studi di Venezia Ca’ Foscari, Miriam Bertoli e Cristiano Nordio di 4Marketing e il Prof. Umberto Collesei, uno dei pilastri del marketing cafoscarino.

Soprattutto, lo vogliamo fare con il tuo aiuto: perchè non sarà un monologo dei relatori, ma una conversazione aperta e informale insieme a persone curiose.

Per chi fosse interessato ad un momento conviviale con pizza tutti insieme a partire dalle 19.30, può rivolgersi a Francesco Barbini (mandando una mail a: francesco.barbini@primolunedi.it) dando la sua adesione. Non sarà conteggiato nessuno che non dia espressamente indicazione a Francesco di questa volontà e che non prenda accordi con lui.

Lunedì 6  settembre 2010, dalle 20:00
Padova, Prato della Valle – Sala dell’Antonianum
Via Donatello, 24
35123 Padova (PD)
Entrata da Prato della Valle 56, park interno (Link a Google Maps)

Il costo/contributo per la serata è di €5.
Partecipazione libera.

Samuel Mazzolin
Laura Sicolo

Non chiamiamola più "crisi"!

Articolo inedito redatto il 26 novembre 2009, ritrovato oggi. Lo pubblico fedelmente.

Non chiamiamola più crisi. Ha poco senso continuare ad evocare un fenomeno che sembra scomparire a breve. Quello che è successo sta mescolando le carte per un futuro diverso dell’economia padovana da come l’abbiamo intesa fino ad oggi.

Cominciamo a riflettere dai dati del sondaggio sulla congiuntura economica rilevati dalle aziende associate ad Apindustria Padova a ottobre 2009. Dalle ultime analisi si può confermare l’arresto della contrazione di ordini, ma in uno scenario di estrema scarsità si lavora “a vista”, con magazzini ridotti all’osso e condizioni svantaggiose per i fornitori affamati di lavoro per mantenere occupazione ed investimenti. In queste condizioni i margini sono sistematicamente erosi dalla mancanza di programmazione e gestione, amplificando le inefficienze. Gli associati prevedono mediamente una chiusura di bilanci di quest’anno con un -10%, valutando stabile l’ultimo trimestre.

Futuro? Ripresa? Spiacenti, pare di no. Rimane il pessimismo e per i prossimi mesi non si intravedono importanti inversioni di tendenza. Il rapporto sulla congiuntura della Camera Di Commercio di Padova sostanzialmente conferma la nostra analisi di un anno con ordini, fatturati, occupazione, vendite al dettaglio, export con segno meno, ricordandoci che si è interrotta una caduta dopo 20 mesi consecutivi di calo di produzione industriale. E ci informa che siamo ancora pessimisti sulle previsioni dei prossimi mesi, ma un po’ meno rispetto alla scorsa primavera.

Qualcosa è cambiato. Ma non chiamiamola più crisi, non illudiamoci. Qualora sia questo il nuovo assetto per il livello produttivo, non dimentichiamoci che abbiamo lasciato per strada quasi 20000 persone in un anno, pensare di riassorbirle in breve tempo è fantasia. E sarà il loro futuro la nostra preoccupazione maggiore e l’indice del nostro livello competitivo.

Parliamo di banche, e del fragile equilibrio dei loro rapporti con le imprese. Tra ABI e le associazioni datoriali, con Confapi in prima linea, c’è un rimpallo di accuse tra chi da una parte subisce improvvise chiusure di linee di credito e chi dall’altra risponde evidenziando disponibilità in aumento e cali di richieste. In mezzo c’è un protocollo, nato con lo scopo dichiarato di garantire la stabilità del sistema finanziario. Ma non è stato così, e ora Basilea2 comincia a manifestare alcuni effetti perversi per molte aziende. Con la ripresa degli ordini infatti serve credito, quello che è stato ritirato in questi mesi, ma che ora non viene più erogato. E quindi il sistema del rating diventa un alibi o un ostacolo insormontabile e rischia così di aggiungere la beffa al danno.

Il governo ha concentrato in questo ambito le energie per arrivare alla moratoria sul credito, chiesta a gran voce da più parti. La realtà evidenziata dai nostri associati sta dimostrando che questo strumento viene usato in minima parte, malgrado sia conosciuto da tutti. I motivi sono facili da intuire e pongono ulteriori dilemmi sul futuro equilibrio del rapporto banca-impresa. Rimane una diffusa sfiducia nel sistema bancario, in particolare con i maggiori istituti di credito. La domanda di moratoria include l’implicita ammissione di difficoltà economiche della propria azienda, con conseguenze indirette ma, come abbiamo visto, assolutamente determinanti.

A fronte di questa situazione, il tessuto economico della nostra provincia saprà essere ancora virtuoso perché non è condizionato da nessun distretto produttivo predominante, ma presenta molte specificità e molte eccellenze su diversi settori che potranno fare da traino su nuovi scenari soprattutto rivolti all’export. Le sofferenze maggiori hanno colpito il comparto della subfornitura meccanica, che sta cercando anche grazie ad Apindustria Padova e alla Camera di Commercio un nuovo sistema di organizzazione settoriale ed approccio al mercato. E’ triste notare che le istanze delle associazioni nei confronti delle istituzioni sono rimaste in secondo piano, in questo periodo che crisi ormai non è: pressione fiscale, inefficienza burocratica, lungaggini amministrative, e tutti quei costi che placcano le energie dei nostri uomini che ogni giorni in azienda dimostrano di credere nella centralità del lavoro come sviluppo sociale.

E l’Italia ci crede ancora?

Riflessioni per il prossimo modello nordest

Voglio condividere alcune sfumature del vivere passato ed attuale dell’imprenditore nordestino. Sono tutte cose mie, che portano con sè la limitatezza della mia esperienza ma rimangono scorci autentici e mi auguro obiettivi.

Il nordest: alcuni lo definiscono il “miracolo”, ma è meglio definirlo un modello che si è sviluppato in una determinata zona geografica in un certo periodo storico. Ha sviluppato attorno al suo vivere alcune regole di management specifiche, spesso contrarie ad altre contemporanee di uso comune. E’ importante analizzarle in senso critico perché su di esse si basa buona parte dell’attuale seconda generazione, che ha assorbito gli insegnamenti dai genitori e non può esercitare forme diverse di conduzione aziendale, perchè non conosce altri stili o per imposizioni dai senior.

Testa bassa vanti sempre! Questa è la regola numero zero. Un inno alla produttività, alle 16 ore in azienda, all’abnegazione totale. Sempre avanti perché non ci si può fermare, per nessun motivo, neppure per pensare a quello che si sta facendo. I figli alla baby-sitter, sport concesso solo il calcio, in tv la domenica. Una dimostrazione che il fallimento è solo una conseguenza della prigrizia. Vietato farsi domande. Formazione? Sitto matto? Ancora qui a leggere il blog???

Innovazione e conoscenza. Qui la prima è l’acquisto di un nuovo macchinario, la seconda è misurata dal tuo titolo di studio e dagli anni che hai lavorato nel settore Di fatto c’è una continua innovazione, di tipo soft, che avviene quasi totalmente dentro l’azienda e con un grosso impegno per il controllo. Questo modus operandi comporta l’esclusione del sapere universitario, oggi sempre e troppo distante dalle pmi, e di fatto è difficilmente misurabile dagli indicatori di innovazione usati, ad esempio, dalla Comunità Europea.

Il sapere è la merce di questo secolo. Diventa importante far conoscere a tutta l’azienda dove trovare l’informazione necessaria. E fargliela trovare prima possibile, magari giusta. In questo scenario non ci possono essere colli di bottiglia legati alla disponibilità della singola persona. Ma qui nelle nostre fabbrichette uno dei comandamenti recita “il titolare deve sapere tutto”, sennò che titolare sei? Ho visto troppi talenti sprecati, e che con il tempo si sono stancati, a causa dei vincoli e paletti imposti dai loro datori di lavoro. Durante l’ultimo ApiFocus un collega recitava più o meno: “Devo andare io a cercare nuovi clienti perchè solo io posso sapere cosa è in grado di fare la mia azienda”. Si spiega da solo.

L’ultima sfida da vincere, il mostro finale della trasformazione dell’economia di queste zone, è accettare che il capo, come lo abbiamo inteso fino ad ora, è morto. Come vengono percepiti oggi i maestri, i dottori, i politici, i preti, rispetto a venti, trent’anni fa? Non ci trovo nulla di sbagliato nella situazione attuale, e sono consapevole del fatto che i leader ci devono essere. E come potranno imporsi sugli altri? Semplicemente non dovranno più pensare di farlo. All’autorità va sostituita l’autorevolezza, il consenso si guadagna attorno a proposte concrete e a benefici riconosciuti.

Chi sogna oggi di essere imprenditore dovrebbe sintonizzare la propria missione con paradigmi diversi. Da un passato in cui il fondatore era anche colonna portante, spina dorsale e riferimento per tutto lo scibile, a nuovi sistemi dove la fiducia e responsabilità condivisa consentino la formazione di centri decisionali decentratri che si formano per aggregazione di competenze dei nuovi imprenditori, i dipendenti. L’azienda che cammina con le proprie gambe deve diventare una scadenza di medio termine nelle agende di tutti noi.

Come si fa? Non lo so, e non fidatevi di chi dice di saperlo. Metabolizziamo la convinzione che oggi non ci sono più regole, fomule segrete. Serve il giusto atteggiamento, la consapevolezza della responsabilità di ogni azione, la ricerca della meritocrazia nell’ambiente di riferimento.

Grazie per aver letto questa mia riflessione, utile soprattutto a me nella ricerca del distillato dell’imprenditore ideale. I commenti sono molto graditi.