A volte, preso dalla curiosità, sfoglio le statistiche di visita di questo blog. Vanno bene, sempre meglio. Gli articoli sono molti, si entra qui cercando un po’ di tutto.
Ma da circa 3 mesi c’è una frase magica, uno slogan che giornalmente è al top delle frasi googlate: crisi economica 2010. Merito, credo, di un paio di articoli nei quali mi ero preso la briga di analizzare con un pizzico di lucidità le proiezioni finto-ottimistiche rimbalzate crescendo nei media con lo scopo di tranquillizzare gli animi impauriti di chi viveva uno scenario economico travolto da una crisi che ha spazzato via posti, fabbriche, distretti.
Nei primi posti non mancano mai altri argomenti dannatamente seri, quotidiani rebus moderni: accesso al credito, finanziamenti per imprese, banche e giovani imprenditori, eccetera.
Vivo la lettura di quelle ricerche come dei quesiti che cercano risposte immediate e sicure. Potendo, chiederei le storie e le situazioni di chi ora è in difficoltà, per capire come potrei aiutarle. Ma credo di non avere le risposte. Le risposte, purtroppo, non le ha nessuno.
La cosa che mi rende più spaventato è l’alto numero di vite umane che ha deciso di arrendersi, di lasciarci alle nostre sfide, mettendo la parola fine cercando di spiegarlo a moglie e figli con una lettera. Non abbiamo fatto abbastanza, forse. Si muore per lavoro anche così. Anche oggi. Nella mia città.
Chi pensava ad un forte cambiamento dato dall’emergenza economica, ha preso un abbaglio. Le aziende, quelle rimaste, si sono appena scosse, lamentate, hanno ridotto il personale e i margini. Ma finora nessuna rivoluzione.
La velocità del cambiamento ha la stessa velocità del cambio generazionale. Ripensando ad oggi, alle mie esperienze, ne trovo una conferma.
Scena 1: trovo un appunto nella scrivania, un cliente mi ha cercato perché non capisce cosa gli avevo scritto ieri in email. Chiede di essere richiamato. Al telefono mi fa intendere di aver capito, infatti mi chiede esterefatto solamente come mai io uso comunicare con loro via posta eletronica.
Scena 2: mi chiama un cliente, mi dice un sacco di cose, vuole un preventivo. Prima di farmi ripetere, gli chiedo come mai non mi ha fatto un fax, per evitare errori: sai, dovrei chiedere a mia figlia, facciamo prima così.
Scena 3: una ragazza, massimo 22 anni, è entrata in ufficio chiedendo se stavamo cercando una segretaria. In mano una busta colorata piena di curriculum stampati a colori, con la foto. Alla mia risposta negativa, ha ringraziato e salutato cordialmente, uscando per ragiungere prontamente il cancello successivo.
Ci sarà una ripresa, una nuova alba, ma non sarà domani mattina. Forse la vedranno i bambini di oggi. La ragazza che chiede porta a porta un posto di lavoro ha già intuito lo scenario. Le auguro tutta la fortuna del mondo. Il disoccupato che cerca lavoro per non vendere la moto, vive con i genitori e viene a colloquio con il bmw, forse no. Buona fortuna anche a lui.