Archive for the ‘Passaggio generazionale’ Category

6 settembre 2010 | Marketing al Primolunedi

Dai primi pubblicitari della Madison Avenue al marketing 2.0: com’ è cambiato il mondo della pubblicità?
Ti piace smanettare con i tuoi amici sui new media come facebook e i social network, ma in azienda si parla ancora di pagine pubblicitarie e comunicati stampa?

Di questo ed altro discuteremo lunedì 6 settembre, a partire dalle ore 20.00, come sempre in Prato della Valle a Padova.

Marketing. Tra vecchi modelli e nuovi strumenti.

Lo faremo insieme al Prof. Leonardo Buzzavo dell’Università degli studi di Venezia Ca’ Foscari, Miriam Bertoli e Cristiano Nordio di 4Marketing e il Prof. Umberto Collesei, uno dei pilastri del marketing cafoscarino.

Soprattutto, lo vogliamo fare con il tuo aiuto: perchè non sarà un monologo dei relatori, ma una conversazione aperta e informale insieme a persone curiose.

Per chi fosse interessato ad un momento conviviale con pizza tutti insieme a partire dalle 19.30, può rivolgersi a Francesco Barbini (mandando una mail a: francesco.barbini@primolunedi.it) dando la sua adesione. Non sarà conteggiato nessuno che non dia espressamente indicazione a Francesco di questa volontà e che non prenda accordi con lui.

Lunedì 6  settembre 2010, dalle 20:00
Padova, Prato della Valle – Sala dell’Antonianum
Via Donatello, 24
35123 Padova (PD)
Entrata da Prato della Valle 56, park interno (Link a Google Maps)

Il costo/contributo per la serata è di €5.
Partecipazione libera.

Samuel Mazzolin
Laura Sicolo

Riflessioni per il prossimo modello nordest

Voglio condividere alcune sfumature del vivere passato ed attuale dell’imprenditore nordestino. Sono tutte cose mie, che portano con sè la limitatezza della mia esperienza ma rimangono scorci autentici e mi auguro obiettivi.

Il nordest: alcuni lo definiscono il “miracolo”, ma è meglio definirlo un modello che si è sviluppato in una determinata zona geografica in un certo periodo storico. Ha sviluppato attorno al suo vivere alcune regole di management specifiche, spesso contrarie ad altre contemporanee di uso comune. E’ importante analizzarle in senso critico perché su di esse si basa buona parte dell’attuale seconda generazione, che ha assorbito gli insegnamenti dai genitori e non può esercitare forme diverse di conduzione aziendale, perchè non conosce altri stili o per imposizioni dai senior.

Testa bassa vanti sempre! Questa è la regola numero zero. Un inno alla produttività, alle 16 ore in azienda, all’abnegazione totale. Sempre avanti perché non ci si può fermare, per nessun motivo, neppure per pensare a quello che si sta facendo. I figli alla baby-sitter, sport concesso solo il calcio, in tv la domenica. Una dimostrazione che il fallimento è solo una conseguenza della prigrizia. Vietato farsi domande. Formazione? Sitto matto? Ancora qui a leggere il blog???

Innovazione e conoscenza. Qui la prima è l’acquisto di un nuovo macchinario, la seconda è misurata dal tuo titolo di studio e dagli anni che hai lavorato nel settore Di fatto c’è una continua innovazione, di tipo soft, che avviene quasi totalmente dentro l’azienda e con un grosso impegno per il controllo. Questo modus operandi comporta l’esclusione del sapere universitario, oggi sempre e troppo distante dalle pmi, e di fatto è difficilmente misurabile dagli indicatori di innovazione usati, ad esempio, dalla Comunità Europea.

Il sapere è la merce di questo secolo. Diventa importante far conoscere a tutta l’azienda dove trovare l’informazione necessaria. E fargliela trovare prima possibile, magari giusta. In questo scenario non ci possono essere colli di bottiglia legati alla disponibilità della singola persona. Ma qui nelle nostre fabbrichette uno dei comandamenti recita “il titolare deve sapere tutto”, sennò che titolare sei? Ho visto troppi talenti sprecati, e che con il tempo si sono stancati, a causa dei vincoli e paletti imposti dai loro datori di lavoro. Durante l’ultimo ApiFocus un collega recitava più o meno: “Devo andare io a cercare nuovi clienti perchè solo io posso sapere cosa è in grado di fare la mia azienda”. Si spiega da solo.

L’ultima sfida da vincere, il mostro finale della trasformazione dell’economia di queste zone, è accettare che il capo, come lo abbiamo inteso fino ad ora, è morto. Come vengono percepiti oggi i maestri, i dottori, i politici, i preti, rispetto a venti, trent’anni fa? Non ci trovo nulla di sbagliato nella situazione attuale, e sono consapevole del fatto che i leader ci devono essere. E come potranno imporsi sugli altri? Semplicemente non dovranno più pensare di farlo. All’autorità va sostituita l’autorevolezza, il consenso si guadagna attorno a proposte concrete e a benefici riconosciuti.

Chi sogna oggi di essere imprenditore dovrebbe sintonizzare la propria missione con paradigmi diversi. Da un passato in cui il fondatore era anche colonna portante, spina dorsale e riferimento per tutto lo scibile, a nuovi sistemi dove la fiducia e responsabilità condivisa consentino la formazione di centri decisionali decentratri che si formano per aggregazione di competenze dei nuovi imprenditori, i dipendenti. L’azienda che cammina con le proprie gambe deve diventare una scadenza di medio termine nelle agende di tutti noi.

Come si fa? Non lo so, e non fidatevi di chi dice di saperlo. Metabolizziamo la convinzione che oggi non ci sono più regole, fomule segrete. Serve il giusto atteggiamento, la consapevolezza della responsabilità di ogni azione, la ricerca della meritocrazia nell’ambiente di riferimento.

Grazie per aver letto questa mia riflessione, utile soprattutto a me nella ricerca del distillato dell’imprenditore ideale. I commenti sono molto graditi.

Non ho risposte alle vostre domande

A volte, preso dalla curiosità, sfoglio le statistiche di visita di questo blog. Vanno bene, sempre meglio. Gli articoli sono molti, si entra qui cercando un po’ di tutto.

Ma da circa 3 mesi c’è una frase magica, uno slogan che giornalmente è al top delle frasi googlate: crisi economica 2010. Merito, credo, di un paio di articoli nei quali mi ero preso la briga di analizzare con un pizzico di lucidità le proiezioni finto-ottimistiche rimbalzate crescendo nei media con lo scopo di tranquillizzare gli animi impauriti di chi viveva uno scenario economico travolto da una crisi che ha spazzato via posti, fabbriche, distretti.

Nei primi posti non mancano mai altri argomenti dannatamente seri, quotidiani rebus moderni: accesso al credito, finanziamenti per imprese, banche e giovani imprenditori, eccetera.

Vivo la lettura di quelle ricerche come dei quesiti che cercano risposte immediate e sicure. Potendo, chiederei le storie e le situazioni di chi ora è in difficoltà, per capire come potrei aiutarle. Ma credo di non avere le risposte. Le risposte, purtroppo, non le ha nessuno.

La cosa che mi rende più spaventato è l’alto numero di vite umane che ha deciso di arrendersi, di lasciarci alle nostre sfide, mettendo la parola fine cercando di spiegarlo a moglie e figli con una lettera. Non abbiamo fatto abbastanza, forse. Si muore per lavoro anche così. Anche oggi. Nella mia città.

Chi pensava ad un forte cambiamento dato dall’emergenza economica, ha preso un abbaglio. Le aziende, quelle rimaste, si sono appena scosse, lamentate, hanno ridotto il personale e i margini. Ma finora nessuna rivoluzione.

La velocità del cambiamento ha la stessa velocità del cambio generazionale. Ripensando ad oggi, alle mie esperienze, ne trovo una conferma.

Scena 1: trovo un appunto nella scrivania, un cliente mi ha cercato perché non capisce cosa gli avevo scritto ieri in email. Chiede di essere richiamato. Al telefono mi fa intendere di aver capito, infatti mi chiede esterefatto solamente come mai io uso comunicare con loro via posta eletronica.

Scena 2: mi chiama un cliente, mi dice un sacco di cose, vuole un preventivo. Prima di farmi ripetere, gli chiedo come mai non mi ha fatto un fax, per evitare errori: sai, dovrei chiedere a mia figlia, facciamo prima così.

Scena 3: una ragazza, massimo 22 anni, è entrata in ufficio chiedendo se stavamo cercando una segretaria. In mano una busta colorata piena di curriculum stampati a colori, con la foto. Alla mia risposta negativa, ha ringraziato e salutato cordialmente, uscando per ragiungere prontamente il cancello successivo.

Ci sarà una ripresa, una nuova alba, ma non sarà domani mattina. Forse la vedranno i bambini di oggi. La ragazza che chiede porta a porta un posto di lavoro ha già intuito lo scenario. Le auguro tutta la fortuna del mondo. Il disoccupato che cerca lavoro per non vendere la moto, vive con i genitori e viene a colloquio con il bmw, forse no. Buona fortuna anche a lui.

Generazioni | Quando la famiglia fa impresa

Recensione del libro “Generazioni | Quando la famiglia fa impresa”, 2009, ed. Delmiglio Editore

PMI, piccole e medie imprese: si usa sovente nominare così l’insieme delle attività economiche capillarmente diffuse nel territorio italiano, triveneto in particolare. Questa definizione sottintende la dimensione per fatturato o numero di dipendenti con criteri stabiliti dalla Comunità Europea.

Bisognerebbe chiamarle però aziende a conduzione familiare, ed ecco che cambia la prospettiva per indicare lo stesso sistema, che in Italia rappresenta oltre il 90% di imprese.

Generazioni, quando la famiglia fa impresa, racconta di queste realtà. L’originalità dell’idea di questo libro è il punto di vista e la voce narrante. Gli imprenditori parlano in prima persona delle loro famiglie e della loro carriera in azienda. Parla il “senior”, spesso fondatore, e il “rampollo” di prossima generazione. Le domande dell’autore indagano sul metodo di inserimento in azienda, sul rapporto con il genitore e sul metodo adottato. Si sondano le aspettative che responsabilizzano le nuove leve, le differenze di approccio per il passaggio di testimone in epoche remote rispetto a quelle attuali.

Le aziende gestite da queste famiglie hanno origini in epoche diverse, chi da garage durante il periodo di espansione economica del dopoguerra, altre molto più antiche o recenti, ruotano attorno al genio creativo, la passione o la capacità manuale del fondatore. Attorno a lui la famiglia entra nell’attività, spesso la moglie è presente in seconda linea nelle funzioni amministrative, e ai figli viene offerta un’opportunità.

Emerge infatti dalle storie una strategia comune da parte di chi tiene i comandi dell’azienda: coinvolgere i discendenti con i valori, le responsabilità e le soddisfazioni di essere imprenditori. E la possibilità di dimostrare sul campo di avere la stoffa. I figli comprendono che nulla è dovuto perchè il mondo del lavoro non regala niente.

In una citazione: patti generazionali chiari e amicizia lunga. Coltivando il sogno della famiglia in trasformazione verso una dinastia imprenditoriale.

Per approfondire: www.excellecebook.it
Le foto della presentazione del libro sono in questa gallery.

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Alcune verità sull'innovazione in azienda

Consiglio a chi vuole approfondire l’argomento dell’innovazione in azienda questo articolo trovato per caso.

E’ il rapporto di un incontro fatto a Milano dove si è parlato di innovazione. I relatori eranoAndrea Facchini (Nokia), Stefano Lavizzari (Vodafone), Attilio Lentati (i-Faber), Salvo Mizzi (Telecom), Francesco Caria (Eni), Simone Lonostro (Enel), Fabrizio Milano D’Aragona (Google).

Il racconto non è molto lungo ma è pregno di ottimi esempi.

All’imprenditore meccanico avrei consigliato di ispirarsi ad alcuni metodi di Fischer Italia per coinvolgere le maestrante e promuovere le idee vincenti.

Buono, e nuovo, lo spunto all’imprenditore di seconda generazione che si dovrà porre a guidare un’azienda con strategie e metodi diversi da quelli del padre.

Cosa ne pensi?