Archive for the ‘Responsabilità sociale’ Category

Il metodo antistronzi non è una stronzata.

Sistemando casa e sfogliando una Moleskine già usata, mi son fermato a rileggere gli appunti presi dalla lettura del libro “Metodo antistronzi”.

Era l’estate 2012 e mi godevo un po’ di riposo dopo una stagione lavorativa particolarmente stressante. Lavoro non mancava, anzi. La scrivania piena di idee, di piani di crescita, di miglioramenti sotto tutti i fronti.

Mi mancavano le persone giuste, però, ero un vulcano di idee ma con il cratere otturato a causa della miopia dei miei collaboratori. Sempre a tentare, invano, di cambiare gli altri, fino ad arrivare allo scontro: sei uno stronzo!

Senza offesa, invece è proprio una caratteristica delle persone: quelli che pensano sempre e solo e maledettamente per sè. Quelli buoni, sono altri!

A futura memoria scrivo qui un minimini riassunto per punti così da essere un efficace richiamo e promemoria per ogni occasione:

  • la vita è breve
  • agire tempestivamente quando si commettono abusi
  • attenzione alla riproduzione omosociale: con l’assunzione si tende a replicarsi
  • è difficile non assumere uno stronzo che promette grandi profitti
  • è complicato mettere alla porta chi sta facendo guadagnare un sacco di soldi
  • “le migliori performance individuali si basano sulla collaborazione dei colleghi nel servire il cliente”
  • inviare una lettera di richiamo ai clienti che si comportano da stronzi, ed in caso invitarli a non comprare più
  • performance migliori con stipendi livellati
  • stronzo di rappresentanza: se lo stronzo è emarginato, serve come monito per capire come NON comportarsi
  • essere stronzi è giusto in un ambiente dove lamentarsi paga

Non chiamiamola più "crisi"!

Articolo inedito redatto il 26 novembre 2009, ritrovato oggi. Lo pubblico fedelmente.

Non chiamiamola più crisi. Ha poco senso continuare ad evocare un fenomeno che sembra scomparire a breve. Quello che è successo sta mescolando le carte per un futuro diverso dell’economia padovana da come l’abbiamo intesa fino ad oggi.

Cominciamo a riflettere dai dati del sondaggio sulla congiuntura economica rilevati dalle aziende associate ad Apindustria Padova a ottobre 2009. Dalle ultime analisi si può confermare l’arresto della contrazione di ordini, ma in uno scenario di estrema scarsità si lavora “a vista”, con magazzini ridotti all’osso e condizioni svantaggiose per i fornitori affamati di lavoro per mantenere occupazione ed investimenti. In queste condizioni i margini sono sistematicamente erosi dalla mancanza di programmazione e gestione, amplificando le inefficienze. Gli associati prevedono mediamente una chiusura di bilanci di quest’anno con un -10%, valutando stabile l’ultimo trimestre.

Futuro? Ripresa? Spiacenti, pare di no. Rimane il pessimismo e per i prossimi mesi non si intravedono importanti inversioni di tendenza. Il rapporto sulla congiuntura della Camera Di Commercio di Padova sostanzialmente conferma la nostra analisi di un anno con ordini, fatturati, occupazione, vendite al dettaglio, export con segno meno, ricordandoci che si è interrotta una caduta dopo 20 mesi consecutivi di calo di produzione industriale. E ci informa che siamo ancora pessimisti sulle previsioni dei prossimi mesi, ma un po’ meno rispetto alla scorsa primavera.

Qualcosa è cambiato. Ma non chiamiamola più crisi, non illudiamoci. Qualora sia questo il nuovo assetto per il livello produttivo, non dimentichiamoci che abbiamo lasciato per strada quasi 20000 persone in un anno, pensare di riassorbirle in breve tempo è fantasia. E sarà il loro futuro la nostra preoccupazione maggiore e l’indice del nostro livello competitivo.

Parliamo di banche, e del fragile equilibrio dei loro rapporti con le imprese. Tra ABI e le associazioni datoriali, con Confapi in prima linea, c’è un rimpallo di accuse tra chi da una parte subisce improvvise chiusure di linee di credito e chi dall’altra risponde evidenziando disponibilità in aumento e cali di richieste. In mezzo c’è un protocollo, nato con lo scopo dichiarato di garantire la stabilità del sistema finanziario. Ma non è stato così, e ora Basilea2 comincia a manifestare alcuni effetti perversi per molte aziende. Con la ripresa degli ordini infatti serve credito, quello che è stato ritirato in questi mesi, ma che ora non viene più erogato. E quindi il sistema del rating diventa un alibi o un ostacolo insormontabile e rischia così di aggiungere la beffa al danno.

Il governo ha concentrato in questo ambito le energie per arrivare alla moratoria sul credito, chiesta a gran voce da più parti. La realtà evidenziata dai nostri associati sta dimostrando che questo strumento viene usato in minima parte, malgrado sia conosciuto da tutti. I motivi sono facili da intuire e pongono ulteriori dilemmi sul futuro equilibrio del rapporto banca-impresa. Rimane una diffusa sfiducia nel sistema bancario, in particolare con i maggiori istituti di credito. La domanda di moratoria include l’implicita ammissione di difficoltà economiche della propria azienda, con conseguenze indirette ma, come abbiamo visto, assolutamente determinanti.

A fronte di questa situazione, il tessuto economico della nostra provincia saprà essere ancora virtuoso perché non è condizionato da nessun distretto produttivo predominante, ma presenta molte specificità e molte eccellenze su diversi settori che potranno fare da traino su nuovi scenari soprattutto rivolti all’export. Le sofferenze maggiori hanno colpito il comparto della subfornitura meccanica, che sta cercando anche grazie ad Apindustria Padova e alla Camera di Commercio un nuovo sistema di organizzazione settoriale ed approccio al mercato. E’ triste notare che le istanze delle associazioni nei confronti delle istituzioni sono rimaste in secondo piano, in questo periodo che crisi ormai non è: pressione fiscale, inefficienza burocratica, lungaggini amministrative, e tutti quei costi che placcano le energie dei nostri uomini che ogni giorni in azienda dimostrano di credere nella centralità del lavoro come sviluppo sociale.

E l’Italia ci crede ancora?

Riflessioni per il prossimo modello nordest

Voglio condividere alcune sfumature del vivere passato ed attuale dell’imprenditore nordestino. Sono tutte cose mie, che portano con sè la limitatezza della mia esperienza ma rimangono scorci autentici e mi auguro obiettivi.

Il nordest: alcuni lo definiscono il “miracolo”, ma è meglio definirlo un modello che si è sviluppato in una determinata zona geografica in un certo periodo storico. Ha sviluppato attorno al suo vivere alcune regole di management specifiche, spesso contrarie ad altre contemporanee di uso comune. E’ importante analizzarle in senso critico perché su di esse si basa buona parte dell’attuale seconda generazione, che ha assorbito gli insegnamenti dai genitori e non può esercitare forme diverse di conduzione aziendale, perchè non conosce altri stili o per imposizioni dai senior.

Testa bassa vanti sempre! Questa è la regola numero zero. Un inno alla produttività, alle 16 ore in azienda, all’abnegazione totale. Sempre avanti perché non ci si può fermare, per nessun motivo, neppure per pensare a quello che si sta facendo. I figli alla baby-sitter, sport concesso solo il calcio, in tv la domenica. Una dimostrazione che il fallimento è solo una conseguenza della prigrizia. Vietato farsi domande. Formazione? Sitto matto? Ancora qui a leggere il blog???

Innovazione e conoscenza. Qui la prima è l’acquisto di un nuovo macchinario, la seconda è misurata dal tuo titolo di studio e dagli anni che hai lavorato nel settore Di fatto c’è una continua innovazione, di tipo soft, che avviene quasi totalmente dentro l’azienda e con un grosso impegno per il controllo. Questo modus operandi comporta l’esclusione del sapere universitario, oggi sempre e troppo distante dalle pmi, e di fatto è difficilmente misurabile dagli indicatori di innovazione usati, ad esempio, dalla Comunità Europea.

Il sapere è la merce di questo secolo. Diventa importante far conoscere a tutta l’azienda dove trovare l’informazione necessaria. E fargliela trovare prima possibile, magari giusta. In questo scenario non ci possono essere colli di bottiglia legati alla disponibilità della singola persona. Ma qui nelle nostre fabbrichette uno dei comandamenti recita “il titolare deve sapere tutto”, sennò che titolare sei? Ho visto troppi talenti sprecati, e che con il tempo si sono stancati, a causa dei vincoli e paletti imposti dai loro datori di lavoro. Durante l’ultimo ApiFocus un collega recitava più o meno: “Devo andare io a cercare nuovi clienti perchè solo io posso sapere cosa è in grado di fare la mia azienda”. Si spiega da solo.

L’ultima sfida da vincere, il mostro finale della trasformazione dell’economia di queste zone, è accettare che il capo, come lo abbiamo inteso fino ad ora, è morto. Come vengono percepiti oggi i maestri, i dottori, i politici, i preti, rispetto a venti, trent’anni fa? Non ci trovo nulla di sbagliato nella situazione attuale, e sono consapevole del fatto che i leader ci devono essere. E come potranno imporsi sugli altri? Semplicemente non dovranno più pensare di farlo. All’autorità va sostituita l’autorevolezza, il consenso si guadagna attorno a proposte concrete e a benefici riconosciuti.

Chi sogna oggi di essere imprenditore dovrebbe sintonizzare la propria missione con paradigmi diversi. Da un passato in cui il fondatore era anche colonna portante, spina dorsale e riferimento per tutto lo scibile, a nuovi sistemi dove la fiducia e responsabilità condivisa consentino la formazione di centri decisionali decentratri che si formano per aggregazione di competenze dei nuovi imprenditori, i dipendenti. L’azienda che cammina con le proprie gambe deve diventare una scadenza di medio termine nelle agende di tutti noi.

Come si fa? Non lo so, e non fidatevi di chi dice di saperlo. Metabolizziamo la convinzione che oggi non ci sono più regole, fomule segrete. Serve il giusto atteggiamento, la consapevolezza della responsabilità di ogni azione, la ricerca della meritocrazia nell’ambiente di riferimento.

Grazie per aver letto questa mia riflessione, utile soprattutto a me nella ricerca del distillato dell’imprenditore ideale. I commenti sono molto graditi.

Non ho risposte alle vostre domande

A volte, preso dalla curiosità, sfoglio le statistiche di visita di questo blog. Vanno bene, sempre meglio. Gli articoli sono molti, si entra qui cercando un po’ di tutto.

Ma da circa 3 mesi c’è una frase magica, uno slogan che giornalmente è al top delle frasi googlate: crisi economica 2010. Merito, credo, di un paio di articoli nei quali mi ero preso la briga di analizzare con un pizzico di lucidità le proiezioni finto-ottimistiche rimbalzate crescendo nei media con lo scopo di tranquillizzare gli animi impauriti di chi viveva uno scenario economico travolto da una crisi che ha spazzato via posti, fabbriche, distretti.

Nei primi posti non mancano mai altri argomenti dannatamente seri, quotidiani rebus moderni: accesso al credito, finanziamenti per imprese, banche e giovani imprenditori, eccetera.

Vivo la lettura di quelle ricerche come dei quesiti che cercano risposte immediate e sicure. Potendo, chiederei le storie e le situazioni di chi ora è in difficoltà, per capire come potrei aiutarle. Ma credo di non avere le risposte. Le risposte, purtroppo, non le ha nessuno.

La cosa che mi rende più spaventato è l’alto numero di vite umane che ha deciso di arrendersi, di lasciarci alle nostre sfide, mettendo la parola fine cercando di spiegarlo a moglie e figli con una lettera. Non abbiamo fatto abbastanza, forse. Si muore per lavoro anche così. Anche oggi. Nella mia città.

Chi pensava ad un forte cambiamento dato dall’emergenza economica, ha preso un abbaglio. Le aziende, quelle rimaste, si sono appena scosse, lamentate, hanno ridotto il personale e i margini. Ma finora nessuna rivoluzione.

La velocità del cambiamento ha la stessa velocità del cambio generazionale. Ripensando ad oggi, alle mie esperienze, ne trovo una conferma.

Scena 1: trovo un appunto nella scrivania, un cliente mi ha cercato perché non capisce cosa gli avevo scritto ieri in email. Chiede di essere richiamato. Al telefono mi fa intendere di aver capito, infatti mi chiede esterefatto solamente come mai io uso comunicare con loro via posta eletronica.

Scena 2: mi chiama un cliente, mi dice un sacco di cose, vuole un preventivo. Prima di farmi ripetere, gli chiedo come mai non mi ha fatto un fax, per evitare errori: sai, dovrei chiedere a mia figlia, facciamo prima così.

Scena 3: una ragazza, massimo 22 anni, è entrata in ufficio chiedendo se stavamo cercando una segretaria. In mano una busta colorata piena di curriculum stampati a colori, con la foto. Alla mia risposta negativa, ha ringraziato e salutato cordialmente, uscando per ragiungere prontamente il cancello successivo.

Ci sarà una ripresa, una nuova alba, ma non sarà domani mattina. Forse la vedranno i bambini di oggi. La ragazza che chiede porta a porta un posto di lavoro ha già intuito lo scenario. Le auguro tutta la fortuna del mondo. Il disoccupato che cerca lavoro per non vendere la moto, vive con i genitori e viene a colloquio con il bmw, forse no. Buona fortuna anche a lui.

Demotopia | Cittadinanza digitale. Postdemocrazia?

Voglio fare la mia parte per divulgare un’iniziativa del Consiglio Regionale Veneto, per lo sviluppo di un tema molto caro a noi “cittadini della rete”

Sono venuto a conoscenza di questa iniziativa per caso, durante una passeggiata ad ExpoScuola. Spero di riuascire ad andarci di persona, altrimenti la seguirò dall’ufficio in streaming (e si potranno anche far domande dal web!) Siamo soliti, tutti, accusare la macchina pubblica di arretratezza e di chiusura, io per primo ritengo che la politica è ancora lontana da un principio di trasparenza vera necessario per entrare in rete. Quindi sono molto curioso di capire come si muove la Regione Veneto, dal mio punto di vista è un passo avanti rispetto a tutti.

E’ un diritto esprimere un parere contrario, nei modi giusti e leciti, quando la pubblica amministrazione diventa un ostacolo alla vita civile. Dovrebbe essere un dovere promuovere le iniziative che avvicinano il cittadino alla vita pubblica. Ecco perchè segnalo questo evento.

CITTADINANZA DIGITALE. POSTDEMOCRAZIA?

20 novembre 2009 – Venezia. Future Centre Telecom Italia

Programma della giornata
Ore 9.30
1. Saluti e apertura della giornata. Marino Finozzi, Presidente del Consiglio regionale del Veneto
2. Il progetto demotopia.net e il significato del convegno. Informazione e partecipazione principi costitutivi di un nuovo concetto di cittadinanza. Presentazione a cura di Cristiano Buffa (Aequinet)


Innovazione nella pubblica amministrazione. Qualificazione dei servizi, digital divide e partecipazione.

Ore 10,30
3. Obiettivi, metodologie e strumenti adottati in alcune esperienze di e-democracy promosse da pubbliche amministrazioni nel territorio veneto. Presentazione della ricerca. (relazione del Prof. Pino Gangemi, UniPD)
4. Qualificazione dei servizi o partecipazione. Obiettivi integrati o alternative? (Presentazione delle esperienze condotte dalle Amministrazioni di Padova, Verona, Venezia, Treviso, Belluno, Vicenza)
5. Metodologie e best pratices nella concertazione dei piani territoriali. Il ruolo svolto dai gruppi di interesse nella pianificazione concertata del territorio. Relazione di Associazione Fram_menti, Castelfranco Veneto
6. Nativi della rete e Pubbliche Amministrazioni. Inclusione, cooperazione o esclusione? (interventi di partecipanti e iscritti al network:: giovanidimarca.it, terremoto09 )


Democrazia consultiva. Il ruolo delle tecnologie, le regole della rete, come definire un protocollo partecipativo

Ore 12,15
7. Quali tecnologie e quali procedure adottare per alzare il livello della partecipazione? La PA deve operare come facilitatore di processo, i veri attori della partecipazione sono i cittadini. (relazione di Fiorella de Cindio e Cristian Peraboni, Università degli studi di MIlano)
8. Animazione e promozione nei social network. Come gestire il processo partecipativo. Dal marketing business alla politica. (relazione di Conrad Cancelli Web science)
9. Comunicazioni di iscritti al network

Buffet
Ora 13.30

Dalla parte del cittadino. Contesti, bisogni e progettualità partecipativa
Ora 14.30
10. Il ruolo dell’intermediario competente nella progettazione di iniziative partecipative promosse dalla pubblica amministrazione. Relazione di Csp, Piemonte
11. Se parliamo di rete, è necessario conoscere i cittadini che la frequentano.
Comportamenti, valori, abitudini e cultura dei cittadini della rete. Relazione di Paolo Ferrarini, Future Concept Lab
12. E’ opportuno operare su categorie definite di cittadini? Vantaggi e svantaggi di iniziative rivolte ai giovani (presentazione di Bollenti spiriti, Regione Puglia)
13. Si può fare business con l’e-partecipation? Il caso di INSITO, una metodologia integrata per la costruzione sociale e partecipativa di una conoscenza territoriale. Presentazione a cura dell’Associazione culturale Izmo
14. Progetti, esperienze ed esigenze. Comunicazioni di iscritti al network, (Come2discuss, Alice Cittone, Gabriele Cazzulini)

Sede del Convegno è il Future Centre Telecom Italia, San Marco 4826 – San Salvador (vicino a Rialto) Venezia.

Dalla stazione Santa Lucia vaporetto fermata Rialto, linee 1 e/o 2
Il convegno sarà trasmesso in streaming sul sito demotopia.net. Tramite il sito sarà possibile inviare domande o porre osservazioni ai partecipanti al convegno.

Scarica il pdf del convegno. Ti puoi registrare da qui.

Maggiori informazioni:

Demotopia.netDemotopia social netorkTerzo Veneto

Io, società a responsabiltà illimitata

Recensione del libro “Io, società a responsabilità illimitata. Strumenti per fare la grande differenza” di Sebastiano Zanolli, 2008, ed. Franco Angeli

Sono arrivato a Sebastiano Zanolli da un consiglio di Monica, una conoscente che stimo. Ho spulciato così il suo blog, mi sono fatto l’idea di una persona di sostanza, ho visto che aveva da poco dato alle stampe un libro, subito ordinato. E letto, ma è più corretto dire mangiato.

E’ un libro di management piacevole, e la novità è che è piacevole. Le frasi sono tutte più corte di un SMS, ma i concetti sono profondi. Si parla di cose importanti, di responsabilità, di morte, di felicità, di lavoro, della nostra vita quotidiana.

Cosa si impara leggendo il libro? Imparerete ad amare la vostra formazione continua. Zanolli condivide la propria analisi della realtà, dalle abitudini quotidiane al legame con la macroeconomia e la globlizzazione, in modo chiaro, semplice, che sempra quasi banale. Ma non sono affatto banali le conclusioni prese attraverso una visione schietta dei meccanismi che dominano questo mondo che accelera sempre più forte, isterico. Non smettere mai di imparare è la prima regola fondamentale. La conoscenza infatti diventa il valore aggiunto principale nell’economia durante l’era dell’informazione.

Personalmente sono rimasto sorpreso dalla totale sintonia di idee e visioni che ho in comune con l’autore. Ho apprezzato molto i consigli sull’essenza della comunicazione e della leadership, scritti in modo più diretto e reale rispetto ai mille manuali in giro.

Ho sottolineato alcune frasi che volevo ripescare. Nel libro si parla di un mondo senza sonno, che non si ferma mai, dove tutti sanno tutto istantaneamente. Ma come sopravvivere? E come fare la differenza? La soluzione in una frase: “In un mondo povero di tempo e ricco d’informazioni, andare all’essenza è fondamentale“.

Il centro del messaggio dell’autore è il valore da riscoprire della virtù della responsabilità individuale. Senza accusare il mondo, la dobbiamo promuovere noi. Dobbiamo creare le basi di un sistema che si misura con le responsabilità. I Giovani Imprenditori Confapi hanno intitolato il Congresso 2008 “Responsabilmente: stato, mercato e concorrenza”. Senza responsabilità non c’è meritocrazia. E non c’è spazio neanche per l’etica.

Leggetelo.

giovanimprenditori intervista il dott. Cristiano Samueli, presidente Associazione Italiana per le Decisioni di Fine vita

Ciao Cristiano. Ti chiedo due righe su di te, chi sei e di che cosa ti occupi, per introdurti ai nostri lettori.

Ciao Mauro e ben trovati a tutti i tuoi lettori. Sono un medico di medicina generale e mi occupo di problematiche di fine vita, ovvero di come comportarsi da un punto di vista etico nei confronti dei malati terminali. Mi sono reso conto che in questo campo la medicina non ha delle direttive ben decodificate arrivando al paradosso che si possono prendere decisioni differenti di fronte allo stesso caso clinico. In questo senso sono stato il responsabile scientifico e moderatore del “Primo Simposio Nazionale sulle Decisioni di Fine Vita: quale il ruolo della desistenza terapeutica” tenutosi a Mestre nel maggio 2008 e sto organizzando il seminario “Dagli hospice al volontariato: il cammino del fine vita” che si terrà a Mestre il 7 febbraio 2009 in collaborazione fra Comune di Venezia ed Ordine dei Medici della Provincia di Venezia.

Partiamo dalla primavera di quest’anno, quando alla nostra associazione perviene l’invito per il primo simposio nazionale sulle decisioni di fine vita. Perché un simposio su questo tema? Quali percorsi si sono delineati in conclusione dell’evento?

Il Simposio è nato proprio perché da parte dell’Ordine dei Medici della Provincia di Venezia si è sentito il bisogno di iniziare ad affrontare il tema delle decisioni di fine vita in una maniera strutturata e non dispersiva come era avvenuto fino a quel momento. Abbiamo voluto quindi coinvolgere figure con varie professionalità e di campi diversi per aver modo di valutare la questione sotto vari aspetti. La cosa più rilevante è stata la sostanziale unanimità dei vari relatori nel riconoscere l’importanza della desistenza terapeutica nel campo delle problematiche di fine vita.

Parliamo di desistenza terapeutica, un termine di uso non comune. Puoi quindi spiegarci meglio di che cosa si tratta?

Il termine desistenza terapeutica è stato mutuato dall’Anestesia-Rianimazione, ambito della medicina in cui per primo si è sentito il bisogno di affrontare queste problematiche in maniera globale. In questo settore infatti è molto più pressante e drammatico il problema delle decisioni di fine vita nei confronti di un paziente morente. Il concetto di desistenza terapeutica trova il suo fondamento sull’etica dell’accompagnamento che indirizza il professionista sanitario al modo in cui si deve assistere il malato terminale. Desistere vuol quindi dire accompagnare questo tipo di pazienti verso la fine dando loro la migliore terapia del dolore e di supporto vitale, creando un rapporto medico-paziente chiaro ed efficace che riesca anche a decodificare le loro esigenze, costruendo inoltre una relazione positiva con la famiglia.

Le cronache hanno recentemente portato alla ribalta il “caso Englaro”. In questi momenti il dibattito pubblico si sofferma sulle questioni cosiddette etiche, il testamento biologico, prese di posizione ferme. Cosa c’è che non funziona in questo meccanismo? Come si pone l’Associazione Italiana per le Decisioni di Fine Vita?

Il problema alla base delle discussioni a cui ho partecipato o che ho ascoltato riguardo al caso Englaro o più in generale sulle decisioni di fine vita è che non si arriva mai a nulla di costruttivo. Questo perché si usano sempre i termini eutanasia ed accanimento che sono già unanimamente riconosciuti essere negativi ed improponibili nella nostra realtà sociale. Mancano i punti di riferimento ed un codice con cui confrontarsi. Ecco perché AIDeF, che crede fermamente nel diritto costituzionalmente riconosciuto di autodeterminarsi di ogni essere umano, sostiene e valorizza il concetto di desistenza terapeutica poiché lo riteniamo l’unico in cui tutti si possano riconoscere. È chiaro che la sua definizione è un percorso in cui c’è bisogno di un ampio contributo per arrivare ad una descrizione completa del termine.

Durante un ApiFocus del mese di settembre, grazie alla collaborazione dell’amico Maurizio Bortali di ALEA Ca’ Foscari, molti di noi hanno compilato il questionario individuale socio-organizzativo. Che risultati stanno emergendo da questa vostra analisi?

Il progetto del questionario sul fine vita da far compilare ad imprenditori e direttori è nato in quanto i Presidenti di ALEA e Salone d’Impresa si sono resi conto dell’estremo interesse e della completa novità che vi era nel capire l’impatto delle problematiche di fine vita all’interno del clima aziendale. In questo senso è stata coinvolta AIDeF come supervisore scientifico e abbiamo come partner il Comune di Venezia e l’Ordine dei Medici della Provincia di Venezia. Anche se presenteremo i risultati finali al “Secondo Simposio Nazionale sulle problematiche di fine vita” che si terrà a Mestre il 16 maggio 2009, ti posso già anticipare che la richiesta più forte ed immediata che viene dai questionari è legata al bisogno di formazione per affrontare meglio questi eventi all’interno delle aziende.

Realtà aziendale e problematiche di fine vita. Due mondi all’apparenza completamente estranei tra loro. Ma ci sono a tuo avviso dei possibili punti di contatto?

Sono d’accordo con te nel pensare che siano due mondi all’apparenza completamente estranei tra loro. Sappiamo che ogni realtà aziendale è il risultato di una propria cultura e dal clima organizzativo esistente. Un’azienda è formata da persone che trascorrono più tempo al lavoro che a casa propria ed è inevitabile che al suo interno ci si ritrovi ad affrontare problematiche di fine vita. Quindi a mio parere prestare attenzione e sensibilità a queste problematiche consente di raggiungere maggiore efficienza ed efficacia in ogni realtà lavorativa. Devo inoltre dirti che all’inizio del progetto qualcuno pensava che il fine vita non interessasse alle imprese, perché più interessate al mondo economico, ma questo punto di vista è stato subito cancellato dai primi risultati dei questionari.

Il senatore prof. Ignazio Marino sta raccogliendo le firme per sostenere la libertà di cura. Puoi spiegarci meglio di cosa si tratta e perché è importante sottoscrivere l’appello?

Sul sito www.appellotestamentobiologico.it è presente un appello a cui hanno aderito già più di 25 mila persone, che vuole essere un forte richiamo agli organi istituzionali perché finalmente affrontino il problema del testamento biologico. Per farti capire la grande confusione che regna, devi sapere che in Parlamento sono depositati ad oggi dieci progetti di legge su questo tema senza che nemmeno uno sia mai stato discusso e quindi reso esecutivo.

Cristiano, ci puoi dare qualche indirizzo utile nel web per chi volesse approfondire l’argomento?

Non posso che invitare i tuoi lettori a navigare sul sito www.desistenzaterapeutica.it che è il punto di riferimento per questi argomenti e lo dimostra il fatto che ha recentemente superato i 100 mila contatti dopo nemmeno un anno di vita.