Archive for the ‘Generale’ Category

Operai

Riflettere sul passato, ogni tanto fa bene. E’ di aiuto per prendere le distanze, fare il punto della situazione, capire davvero com’è andata. Perchè se vuoi decretare il vincitore, a volte lo puoi fare solo dopo.

Viviamo in un flusso di continuo presente, di cambiamenti continui dentro una superficie di calma apparente, immobilità sociale ed economica. Per questo, occorre riflettere anche su cosa vuol dire passato, per dare al tempo trascorso la relatività che si merita e capire se, ad un certo punto, possiamo dichiarare risolto un problema, o perchè no, obsoleto.

Leggere Operai significa settare i calendari indietro di 30 anni, viaggiare e riprendere la memoria di una condizione e percezione del mondo del lavoro molto diversa da oggi. Il primo sforzo intellettuale che si compie leggendo il libro oggi, azione involontaria per l’autore, è dare un tempo relativo a 30 anni fa. E si scopre che dagli anni ’80 ad oggi il tempo trascorso è molto maggiore degli anni che troviamo in mezzo.

Parlando del passato, dell’industria italiana, dici FIAT ed hai citato la sola e da sola la grande industria in Italia per antonomasia. Si si, proprio nel paese della “piccola e media impresa”, ancora è vivo e presente il retaggio di un sistema che ha assorbito nel suo ciclone ogni ministero del lavoro, i governi di ambo gli schieramenti e plasmato ogni sindacato.

Il libro entra dentro gli uffici dei responsabili aziendali, gira attento tra i reparti produttivi scrutando macchine, uomini, bacheche. Ma va a scoprire anche cosa succede dentro le sale da pranzo nei condomini degli operai, a Mirafiori ma anche nei paesi del Sud. E poi in gita aziendale, di buonora. Parla di chi le FIAT le produce, di chi ci ha trascorso una vita, di chi è ancora nell’immenso sistema della immensa fabbrica.

Gad Lerner non giudica ma fa parlare gli operai per capirne la loro essenza, la loro presenza sociale e il vissuto. Anch’io non giudicherò, dopo tutto questo tempo molte cose sono cambiate, molte sono rimaste al punto di partenza, solo siamo tutti un po’ divisi.

Pensierino: che bello sarebbe un nuovo movimento operaio, di quelli che lavorano nella costellazione di aziendine, alternativo al pensiero dominante che ha come parole chiave precariato e pensioni?

Il 17 gennaio 2011 a Padova si parla di lavoro e di futuro

Sto organizzando questo evento con gli amici di Primolunedi. Cinque ospiti protagonisti attivi del mondo economico si scambiano esperienze e visioni, rispondono e fanno domande. Non partecipare è a proprio rischio e pericolo!

Imprese e Università si aprono al confronto


Quali sono, oggi, i punti di contatto aperti tra imprese e Università?


Dove sono le aziende nelle Università?


Chi è il lavoratore che domani le aziende cercheranno?



Queste sono alcune domande che i partecipanti delle passate edizioni ci hanno posto. Abbiamo cercato le riposte, ma sono difficili da trovare…

Noi del gruppo Primolunedì lo faremo assieme a voi lunedì 17 gennaio 2011 alle ore 20:00, sala Antonianum – Prato della Valle (Padova).

Segna questa data in agenda!

Ci racconteranno la loro storia bevendo un bicchiere con noi, con il nostro solito stile giovane e fresco:
>Alessandro Pietrobon (lo studente con sogni ambiziosi) presidente AIESEC Venice
>Paolo Gubitta (il professore imprenditoriale) Dipartimento Scienze Economiche Università di Padova
>Paolo Davanzo (il manager) Direzione del Personale VEBI Istituto Biochimico
>Pier Mattia Avesani (lo studente imprenditore) Fondatore e CEO Uqido
>Roberto Guggia (l’imprenditore professore) General Manager Unilab Laboratori Industriali

Ci vediamo lunedì 17 gennaio dalle ore 20:00.

Per chi fosse interessato a cenare all’Antonianum con una pizza prima dell’incontro, deve scrivere, entro lunedì 17 alle ore 14:00, la pizza che vuole a Francesco Barbini (mandando una mail a: francesco.barbini@primolunedi.it ).
Le pizze verranno servite alle ore 20:00.

Ognuno di noi contribuisce alle spese logistiche della serata con 5 Euro.

Lo staff del PrimoLunedì

Respiro

Torno a scrivere sul mio blog dopo un periodo di cambiamenti importanti per me, e per l’azienda. Ho voluto FARE, e non c’è stato più tempo per altro.

In realtà ho fatto ben poco. Solamente ho preso coscienza della necessità di investire, e preso a piene mani l’incoscienza di rischiare immaginando un futuro tutto da dimostrare. Ogni cosa è stata la diretta conseguenza.

Sto affiancando quotidianamente dei collaboratori stranieri, che lavorano per la mia azienda. Hanno scelto noi, tra i tanti, e mi sento enormemente orgoglioso perché sono persone straordinarie.

Sono partecipe e protagonista della fuga di cervelli al contrario. Sono a contatto con giovani ragazzi che hanno l’Europa come cittadinanza, un passaporto e un trolley come capitale, la rete per orientarsi e tanti punti interrogativi per il futuro.

I voli lowcost non servono solo per andare e tornare da Eurodisney a €10 tasse incluse. Il web 2.0 è molto di più che pubblicare le foto del party di sabato. La generazione Erasmus non è un gruppo di studenti svogliati che vogliono solo far festa.

Capire queste dinamiche, unire velocemente tutti i punti della realtà che ci circonda, spegnendo la tivù per avere il tempo di cogliere i segnali, che da deboli diventano dirompenti nel giro di niente. Questo è quello che voglio fare. Creare un ambiente di lavoro desiderabile da chi un posto se lo vuole meritare. Tutto qui per ora.

6 settembre 2010 | Marketing al Primolunedi

Dai primi pubblicitari della Madison Avenue al marketing 2.0: com’ è cambiato il mondo della pubblicità?
Ti piace smanettare con i tuoi amici sui new media come facebook e i social network, ma in azienda si parla ancora di pagine pubblicitarie e comunicati stampa?

Di questo ed altro discuteremo lunedì 6 settembre, a partire dalle ore 20.00, come sempre in Prato della Valle a Padova.

Marketing. Tra vecchi modelli e nuovi strumenti.

Lo faremo insieme al Prof. Leonardo Buzzavo dell’Università degli studi di Venezia Ca’ Foscari, Miriam Bertoli e Cristiano Nordio di 4Marketing e il Prof. Umberto Collesei, uno dei pilastri del marketing cafoscarino.

Soprattutto, lo vogliamo fare con il tuo aiuto: perchè non sarà un monologo dei relatori, ma una conversazione aperta e informale insieme a persone curiose.

Per chi fosse interessato ad un momento conviviale con pizza tutti insieme a partire dalle 19.30, può rivolgersi a Francesco Barbini (mandando una mail a: francesco.barbini@primolunedi.it) dando la sua adesione. Non sarà conteggiato nessuno che non dia espressamente indicazione a Francesco di questa volontà e che non prenda accordi con lui.

Lunedì 6  settembre 2010, dalle 20:00
Padova, Prato della Valle – Sala dell’Antonianum
Via Donatello, 24
35123 Padova (PD)
Entrata da Prato della Valle 56, park interno (Link a Google Maps)

Il costo/contributo per la serata è di €5.
Partecipazione libera.

Samuel Mazzolin
Laura Sicolo

L'uomo che inventò il denaro

Leggere di John Law è immergersi nell’atmosfera avventurosa dei repentini mutamenti politici dell’Europa del ‘700. Quando le distinzioni di classe erano nette ed invalicabili, la monarchia era il sistema politico corrente e le dispute tra gentiluomini si risolvevano a duello. La globalizzazione era agli albori, sottoforma di esclusive commerciali e sfruttamento di colonie in concessione alle Compagnie delle Indie inglesi e francesi.

Il libro che mi ha fatto compagnia nelle vacanze di quest’estate è un racconto documentato della storia affascinante di un uomo che ha avuto visione, genio e perseveranza da inventarsi un modo tutto nuovo di intendere l’economia per l’epoca. Uno scozzese che gira l’Europa, crea contatti, valuta e impara, infine intuisce e propone: l’uso della cartamoneta è la soluzione per il benessere economico diffuso di una nazione (e per la contabilità del Re).

Arrivò a ricoprire la carica di primo ministro in Francia, fondò una banca privata, senza dubbio una delle persone più ricche ed influenti in tutta Europa per il suo tempo. Giunse all’obiettivo: risolse la crisi monetaria e finanziaria. Quello aveva promesso, quello ha mantenuto.

Ma la sua storia, che ci ricorda la natura sfuggente del valore del denaro e l’instabilità intrinscea del sistema economico per il legame indissolubile con la sovranità, non è utile solamente a chi studia di economia, che troverà sovrapponibili le vicende del collasso della Compagnia delle Indie Orientali con le bolle speculative dei nostri giorni.

Ci insegna innanzitutto la forte inerzia di chi non vuole sovvertire il sistema, perchè si trova ai vertici e teme di non esserlo più. I nemici della primitiva forma di borsa, ambientata in Rue Quincampoix, erano gli aristocratici che grazie alle loro ricchezze esercitavano forme di potere tali da garantire posizioni influenti ed intoccabili.

Resistenza, quindi, ma dall’altra parte, il popolo fece travolgente ricorso alla nuova moda di fare soldi senza lavorare, speculando sulle azioni in grande rialzo senza alcun fondamento. Nel breve tempo di un sogno collettivo, a Parigi erano tutti milionari. Senza regole, il nuovo mercato delle azioni era stato abusato nelle sue funzioni. Ed altrettanto velocemente questo sogno si infranse come un’onda ribassista contro lo scoglio della realtà.

Sono cambiate molte cose in tre secoli, ma non è cambiata la natura umana delle persone. Oggi come allora cerchiamo la nostra migliore condizione economica in un sistema che sembra competitivo ma in realtà ci tiene a galla o ci affonda tutti senza troppo badarci.

E’ una storia da sapere e tenere a mente.

Riflessioni per il prossimo modello nordest

Voglio condividere alcune sfumature del vivere passato ed attuale dell’imprenditore nordestino. Sono tutte cose mie, che portano con sè la limitatezza della mia esperienza ma rimangono scorci autentici e mi auguro obiettivi.

Il nordest: alcuni lo definiscono il “miracolo”, ma è meglio definirlo un modello che si è sviluppato in una determinata zona geografica in un certo periodo storico. Ha sviluppato attorno al suo vivere alcune regole di management specifiche, spesso contrarie ad altre contemporanee di uso comune. E’ importante analizzarle in senso critico perché su di esse si basa buona parte dell’attuale seconda generazione, che ha assorbito gli insegnamenti dai genitori e non può esercitare forme diverse di conduzione aziendale, perchè non conosce altri stili o per imposizioni dai senior.

Testa bassa vanti sempre! Questa è la regola numero zero. Un inno alla produttività, alle 16 ore in azienda, all’abnegazione totale. Sempre avanti perché non ci si può fermare, per nessun motivo, neppure per pensare a quello che si sta facendo. I figli alla baby-sitter, sport concesso solo il calcio, in tv la domenica. Una dimostrazione che il fallimento è solo una conseguenza della prigrizia. Vietato farsi domande. Formazione? Sitto matto? Ancora qui a leggere il blog???

Innovazione e conoscenza. Qui la prima è l’acquisto di un nuovo macchinario, la seconda è misurata dal tuo titolo di studio e dagli anni che hai lavorato nel settore Di fatto c’è una continua innovazione, di tipo soft, che avviene quasi totalmente dentro l’azienda e con un grosso impegno per il controllo. Questo modus operandi comporta l’esclusione del sapere universitario, oggi sempre e troppo distante dalle pmi, e di fatto è difficilmente misurabile dagli indicatori di innovazione usati, ad esempio, dalla Comunità Europea.

Il sapere è la merce di questo secolo. Diventa importante far conoscere a tutta l’azienda dove trovare l’informazione necessaria. E fargliela trovare prima possibile, magari giusta. In questo scenario non ci possono essere colli di bottiglia legati alla disponibilità della singola persona. Ma qui nelle nostre fabbrichette uno dei comandamenti recita “il titolare deve sapere tutto”, sennò che titolare sei? Ho visto troppi talenti sprecati, e che con il tempo si sono stancati, a causa dei vincoli e paletti imposti dai loro datori di lavoro. Durante l’ultimo ApiFocus un collega recitava più o meno: “Devo andare io a cercare nuovi clienti perchè solo io posso sapere cosa è in grado di fare la mia azienda”. Si spiega da solo.

L’ultima sfida da vincere, il mostro finale della trasformazione dell’economia di queste zone, è accettare che il capo, come lo abbiamo inteso fino ad ora, è morto. Come vengono percepiti oggi i maestri, i dottori, i politici, i preti, rispetto a venti, trent’anni fa? Non ci trovo nulla di sbagliato nella situazione attuale, e sono consapevole del fatto che i leader ci devono essere. E come potranno imporsi sugli altri? Semplicemente non dovranno più pensare di farlo. All’autorità va sostituita l’autorevolezza, il consenso si guadagna attorno a proposte concrete e a benefici riconosciuti.

Chi sogna oggi di essere imprenditore dovrebbe sintonizzare la propria missione con paradigmi diversi. Da un passato in cui il fondatore era anche colonna portante, spina dorsale e riferimento per tutto lo scibile, a nuovi sistemi dove la fiducia e responsabilità condivisa consentino la formazione di centri decisionali decentratri che si formano per aggregazione di competenze dei nuovi imprenditori, i dipendenti. L’azienda che cammina con le proprie gambe deve diventare una scadenza di medio termine nelle agende di tutti noi.

Come si fa? Non lo so, e non fidatevi di chi dice di saperlo. Metabolizziamo la convinzione che oggi non ci sono più regole, fomule segrete. Serve il giusto atteggiamento, la consapevolezza della responsabilità di ogni azione, la ricerca della meritocrazia nell’ambiente di riferimento.

Grazie per aver letto questa mia riflessione, utile soprattutto a me nella ricerca del distillato dell’imprenditore ideale. I commenti sono molto graditi.

Generazione startup

Ho avuto la fortuna di accompagnare Mattia ad una fiera del settore moda, a Barcellona. Per me è stata un’esperienza estremamente nutriente di stimoli e senzazioni, una 4 giorni per immergermi in un pizzico dell’attuale umore giovanile.

Non lavoro nel mondo della moda e mi considero l’opposto di un fashion victim. E con l’occhio curioso e innocente ho visto gli stand, i tessuti e i campioni esposti. La gente, le indossatrici, gli uomini d’affari. Scenografie e musica di sottofondo. Volevo farmi colpire, carpire da questo mondo un po’  a sè che ci veste tutti quanti. Senza difese e pregiudizi, solo la voglia di inquadrare il concetto di brand. Al The Brandery, e dove sennò?

Solo un attimo, voglio presentarvi Mattia. Ha lanciato il suo nuovo brand di abbigliamento. Principalmente tshirt e felpe mirate ad un cliente giovane. Non per fama, ma per la soddisfazione di realizzare il suo genio artistico. Ogni sua creazione ti fa dire UAU, anche il biglietto da visita. Mattia voleva capire dalla fiera le tendenze delle prossime collezioni, le grafiche e i colori dominanti. Non che non lo sa, semplicemente era alla ricerca di conferme.

Ho letto da qualche parte che il brand è in definitiva “quello che dicono di te quando tu non ci sei”. Nel settore moda assume la declinazione di “dimmi di che marca sono i tuoi jeans e ti dirò chi sei”. C’è molto oltre il prodotto, la maglia o la giacca. Ma è poco più di niente. Il brand ti vende quello che tu vuoi dimostrare agli altri. Elegante, casual, vintage, marinaio, colorato, sportivo, minimal, street, metropolitan. Sei etichettato, c’è un genere per ogni capo prodotto e viceversa, per quelli come me che non amano etichette bisogna farsene una ragione.

Mattia sembra guardare tutto, ma non è così. E’ sotto l’allucinazione dei suoi pensieri creativi alimentati dagli energy drink e vede in quelle gruccie che sta sfogliando con le dita le sue maglie, le sue giacche, con la sua grafica e i suoi materiali ecologici. I suoi occhi azzurri scrutano e sono oltre, le idee sono nell’aria e lui ha la visione da realtà aumentata di fissarle.

Lo osservo, lo seguo da 3 passi indietro, scatto foto. Anche lui dice UAU, raramente. Mi piace la sua spontaneità nel voler conoscere le persone che lo incuriosiscono. Ecco che abbiamo incontrato altri giovani talenti, che fanno cose davvero belle. Perchè si sono staccati da idee vecchie, e ricercano forme classiche da nuovi materiali, da lavorazioni artigianali, da particolari che innovano il classico. Sfumano i vecchi concetti, largo alla sostanza.

Giovani del mondo. Che abbiamo incontrato nell’ostello di una città cosmopolita per definizione. Barcellona è come Padova. Piena di universitari con le loro zone, le aule studio, i parchi, i bar aperti fino a tardi e le biciclette. I quartieri etnici ma la sicurezza che non ti succederà nulla se torni a piedi a tarda notte. Pochi autoctoni. Scenario precario in generale.

Chissà dove si vedono tra 20 anni gli studenti che ogni giorno attraversano la Rambla, tedeschi, francesi, italiani che grazie all’Erasmus e a Facebook non hanno più confini.  Chissà se si sentono, almeno loro, europei. E se gli piace davvero la loro mobilità sociale e fisica che all’università diventa stile di vita per sopravvivere. Intanto qualche intrepido ci sta già facendo assaggiare qualche sorso di come sarà. Come Mattia. C’è da aver fiducia.

Il calendario più furbo del 2010 te lo regala il gruppo giovani imprenditori

Perché un calendario compatto?

Il Compact Calendar è una brillante idea di David Seah, un designer statunitense che ha reso disponibile alcuni strumenti davvero utili per la produttività quotidiana. La versione in italiano è stata tradotta da Magnificaweb.

Perché è il calendario più ‘furbo’?

Ha molti vantaggi: lo puoi stampare in un solo foglio A4, è diviso per settimane per poter gestire più facilmente progetti e programmi di media e lunga durata. Non ci sono interruzioni tra i giorni e le feste comandate sono ben evidenziate.

Perché una to-do-list?

Quando, dopo una riunione o una telefonata, vuoi tenere a mente quali saranno i prossimi passi, hai bisogno di una lista di cose da fare. Dalla lista della spesa alle routine, quando impari ad usarle diventano un must!

E se desideri avere un blocco di liste da riempire, con il minimo impatto ambientale, ti consiglio di cliccare qui.

E l’ambiente?

Con la funzione di Excel, puoi stampare solamente il periodo dell’anno che ti interessa. E per ogni progetto puoi avere la sua brava lista di azioni da fare sul retro del foglio.

Quanto costa???

Solo 1 click.

Versione PDF
Versione XLS (Excel)
Versione ODS (OpenOffice)

Come ti trovi? Fammelo sapere nei commenti.

Demotopia | Cittadinanza digitale. Postdemocrazia?

Voglio fare la mia parte per divulgare un’iniziativa del Consiglio Regionale Veneto, per lo sviluppo di un tema molto caro a noi “cittadini della rete”

Sono venuto a conoscenza di questa iniziativa per caso, durante una passeggiata ad ExpoScuola. Spero di riuascire ad andarci di persona, altrimenti la seguirò dall’ufficio in streaming (e si potranno anche far domande dal web!) Siamo soliti, tutti, accusare la macchina pubblica di arretratezza e di chiusura, io per primo ritengo che la politica è ancora lontana da un principio di trasparenza vera necessario per entrare in rete. Quindi sono molto curioso di capire come si muove la Regione Veneto, dal mio punto di vista è un passo avanti rispetto a tutti.

E’ un diritto esprimere un parere contrario, nei modi giusti e leciti, quando la pubblica amministrazione diventa un ostacolo alla vita civile. Dovrebbe essere un dovere promuovere le iniziative che avvicinano il cittadino alla vita pubblica. Ecco perchè segnalo questo evento.

CITTADINANZA DIGITALE. POSTDEMOCRAZIA?

20 novembre 2009 – Venezia. Future Centre Telecom Italia

Programma della giornata
Ore 9.30
1. Saluti e apertura della giornata. Marino Finozzi, Presidente del Consiglio regionale del Veneto
2. Il progetto demotopia.net e il significato del convegno. Informazione e partecipazione principi costitutivi di un nuovo concetto di cittadinanza. Presentazione a cura di Cristiano Buffa (Aequinet)


Innovazione nella pubblica amministrazione. Qualificazione dei servizi, digital divide e partecipazione.

Ore 10,30
3. Obiettivi, metodologie e strumenti adottati in alcune esperienze di e-democracy promosse da pubbliche amministrazioni nel territorio veneto. Presentazione della ricerca. (relazione del Prof. Pino Gangemi, UniPD)
4. Qualificazione dei servizi o partecipazione. Obiettivi integrati o alternative? (Presentazione delle esperienze condotte dalle Amministrazioni di Padova, Verona, Venezia, Treviso, Belluno, Vicenza)
5. Metodologie e best pratices nella concertazione dei piani territoriali. Il ruolo svolto dai gruppi di interesse nella pianificazione concertata del territorio. Relazione di Associazione Fram_menti, Castelfranco Veneto
6. Nativi della rete e Pubbliche Amministrazioni. Inclusione, cooperazione o esclusione? (interventi di partecipanti e iscritti al network:: giovanidimarca.it, terremoto09 )


Democrazia consultiva. Il ruolo delle tecnologie, le regole della rete, come definire un protocollo partecipativo

Ore 12,15
7. Quali tecnologie e quali procedure adottare per alzare il livello della partecipazione? La PA deve operare come facilitatore di processo, i veri attori della partecipazione sono i cittadini. (relazione di Fiorella de Cindio e Cristian Peraboni, Università degli studi di MIlano)
8. Animazione e promozione nei social network. Come gestire il processo partecipativo. Dal marketing business alla politica. (relazione di Conrad Cancelli Web science)
9. Comunicazioni di iscritti al network

Buffet
Ora 13.30

Dalla parte del cittadino. Contesti, bisogni e progettualità partecipativa
Ora 14.30
10. Il ruolo dell’intermediario competente nella progettazione di iniziative partecipative promosse dalla pubblica amministrazione. Relazione di Csp, Piemonte
11. Se parliamo di rete, è necessario conoscere i cittadini che la frequentano.
Comportamenti, valori, abitudini e cultura dei cittadini della rete. Relazione di Paolo Ferrarini, Future Concept Lab
12. E’ opportuno operare su categorie definite di cittadini? Vantaggi e svantaggi di iniziative rivolte ai giovani (presentazione di Bollenti spiriti, Regione Puglia)
13. Si può fare business con l’e-partecipation? Il caso di INSITO, una metodologia integrata per la costruzione sociale e partecipativa di una conoscenza territoriale. Presentazione a cura dell’Associazione culturale Izmo
14. Progetti, esperienze ed esigenze. Comunicazioni di iscritti al network, (Come2discuss, Alice Cittone, Gabriele Cazzulini)

Sede del Convegno è il Future Centre Telecom Italia, San Marco 4826 – San Salvador (vicino a Rialto) Venezia.

Dalla stazione Santa Lucia vaporetto fermata Rialto, linee 1 e/o 2
Il convegno sarà trasmesso in streaming sul sito demotopia.net. Tramite il sito sarà possibile inviare domande o porre osservazioni ai partecipanti al convegno.

Scarica il pdf del convegno. Ti puoi registrare da qui.

Maggiori informazioni:

Demotopia.netDemotopia social netorkTerzo Veneto

PMI e università, si può, anzi si deve!

spritz

Chissà se è merito anche della mistica ricetta dello spritz se l’Università di Padova da 6 anni è valutata al primo posto in Italia. Ci sarà una sfida eterna tra Aperol e Campari, tra ghetto e la piazza, ma senza dubbio la preparazione che fornisce l’ateneo di Padova è di tutto rispetto.

La nostra città è il baricentro del Veneto Che Produce, abbiamo più partite iva che telefonini, aziende grandi e piccolissime in posizione di leadership in molti mercati, e fino a poco tempo fa la disoccupazione era irrilevante. Il miracolo del nordest si è avverato in molte delle zone artigianali della provincia.

Due mondi distinti per peculiarità e finalità che condividono lo stesso territorio, la stessa passione che ci contraddistingue ovunque e lo stesso aperitivo. Ma si incontrano poco, e parlando in due lingue diverse, non si capiscono e tornano per la loro strada.

Il 29 ottobre 2009 all’interno del programma I Giovedì dell’Innovazione presso Apindustria Padova, con la collaborazione della Camera di Commercio di Padova, si è svolto un seminario per mettere Università e imprese faccia a faccia, per cercare una via comune di crescita.

L’introduzione di Andrea Berti, dirigente dell’area di trasferimento di tecnologia dell’Università degli Studi di Padova, ci spiega che un imprenditore non deve suonare il campanello del portone per cercare una collaborazione o avviare un progetto di ricerca. C’è un ufficio adatto, preposto per l’interfaccia tra le esigenze delle imprese e ciò che l’Università può fornire. Il luogo per attingere alla ricerca universitaria è proprio l’ufficio di trasferimento di tecnologia. Nel 2008 circa 50 imprese hanno contattato questa struttura. Possiamo fare di più! Ma cosa mi può dare l’Università? Puoi scoprirlo anche con un motore di ricerca gratuito, tu chiedi cosa vuoi, e lui ti elenca le risorse che il quel campo sono reperibili e sfruttabili. Si chiama UNI2B e mette in rete conoscenze e macchinari a disposizione di chi ne ha bisogno. I ricercatori spesso diventano imprenditori grazie ai progetti di spin-off, ovvero provano a concretizzare la migliore ricerca che può creare business. Queste nuove aziende, quelle che se lo meritano, sono accudite presso una struttura dedicata, lo Start Cube, che agevola il core business e il confronto reciproco togliendo le incombenze che creano solo inerzia al lavoro.

Un dipartimento all’avanguardia in molti campi ed applicazioni industriali è il DIMEG, Dipartimento di Innovazione Meccanica e Gestionale. L’innovazione è vera e il prof. Paolo Bariani lo dimostra evidenziando i campi di ricerca e le applicazioni nate dal suo team. La forza del DIMEG è sicuramente l’incontro tra competenze di Ingegneria Meccanica e Ingegnera Gestionale, quindi estremamente in sintonia con i processi di r&s aziendali. C’è comunque bisogno della volontà di avviare un progetto di collaborazione, perchè solo se l’azienda e il dipartimento diventano partner effettivi e c’è fiducia reciproca si può far strada assieme.

“Ogni azienda ha un dilemma”, e il dilemma della Società Pietro Rosa Tbm era davvero di difficile soluzione. Un problema tecnico, che avevano tutti coloro che si occupavano di quel tipo di lavorazione di materiali. Ma la società ha voluto cercare il limite, che ha superato, facendo della soluzione di quel dilemma la chiave del successo di una realtà che oggi occupa oltre 200 dipendenti di età media sotto i 40 anni. Mentre ammiro la presentazione dell’Ing. Mauro Fioretti, che fa rimanere senza fiato per la maniacale qualità di ogni aspetto che viene curato nell’azienda, penso che possiamo trarre una conclusione: l’azienda deve diventare più università. Per avere successo deve conoscersi, deve crescere, deve studiare e formarsi, deve stimolare un ambiente dinamico e anticonvenzionale. I professori, sempre di più dopo le ultime riforme previste dal Ministero dell’Istruzione, faranno gli imprenditori. Noi aziende cominciamo a fare le Università, impariamo dall’Univesrità degli Studi di Padova ad essere i numeri uno.

Mescoliamo i nostri saperi come l’acqua frizzante e il vino bianco nell’aperitivo-icona di Padova, e fare innovazione diventerà piacevole ed irresistibile.