Imprenditori e bar sport

Lamentarsi è tipicamente umano. E lamentarsi a sproposito è squisitamente italiano. La sede adatta ad esercitare tale professione è il bar. La quintessenza del Bar Sport è la discussione contro l’arbitro che accompagna il caffè del lunedì mattina. Il martedì tocca all’allenatore. Mercoledì si pensa internazionale, c’è la coppa.

Questo blog è la voce diretta e firmata di un imprenditore di seconda generazione. Vi parlerò di questo mondo qui, e oggi per farlo mi serve come sottofondo un ipotetico Bar Sport che facciamo finta sia frequentato proprio questa mattina da imprenditori, solo da loro, per uno strano motivo.

Possiamo immaginare, senza rischio di sbagliare di grosso, i discorsi degli avventori con il barista mentre monta il latte, parlando poi tra di loro, tutti a squotere le bustine dello zucchero.

Nessuno, forse, parlerà di tasse, troppo miseramente banale ed inutile. Meglio allora prendersela con gli operai, con i giovani operai: trovarne uno di bravo! Tutti che vogliono fare i direttori, senza gavetta!

Poi, nell’ordine: liquidità, burocrazia, crisi, concorrenza estera. Caffè pagato, basta chiacchiere, via in ufficio. Con l’idea netta nella mente che i politici queste cose non le sanno, così lontani, così legati ai loro particolarissimi interessi. Perché questo è il risultato tangibile di ciò che rimane delle mille inconcludenti storie da Bar Sport.

Per disincantare questi perversi meccanismi mentali, per rimettere ancora una volta la palla al centro del campo delle opinioni, ecco (anche) a cosa servono gli incontri organizzati lo scorso fine settimana in molti comuni del Nordest. Si chiama Festival delle Città Impresa, occasione rara per discutere di prospettive e capire punti di forza territoriali da sviluppare.

Tanti temi, non solo economia ma arte, territorio, gastronomia e musica. Uno in particolare, mi suona bene: cosa produrremmo in Italia? Due senatori, il direttore di un famoso consorzio agroindustriale, un imprenditore e un amministratore delegato di aziende importanti. Non me lo faccio scappare.

Il tema è grosso e pesante, ma rimbalza leggero nel palco di pesi massimi dell’argomento. Che distillano concetti semplici, svelano segreti di pulcinella politicamente scorretti, ma a Trebaseleghe ci si può sbottonare un po’. Il senatore ci informa del suo tastare il polso all’economia del paese: l’Italia viaggia al 57% della sua velocità, ma in realtà aggiungiamoci il 15%, quello è il nero che aumenta la velocità percepita.

Il manager, altra lezione: i consorzi agroalimentari sono forti solamente per la rigidezza delle leggi che lo regolamentano, non per una reale volontà collaborativa dei consorziati, che anzi vogliono fare di testa propria sempre. Le regole fanno più successo degli intenti.

Dall’imprenditore imparo che per battere i concorrenti che sono dei colossi, bisogna innovare, innovare e anche qualcosa in più. Vorrei sapere però dove posso trovare i soldi per fare gli investimenti, ma non è in tema.

L’idea di un senatore mi illumina un percorso riflessivo interessante: la miglior considerazione che si possa fare delle donne, è saperle assecondare neglio orari e metodi di lavoro, cosa che il post-fordismo vero deve mettere in atto.

A proposito di macchine: ancora una volta l’industria automobilistica seppur di peso sempre minore rispetto all’occupazione, detta l’agenda dello sviluppo economico. E’ finita l’era del un-contratto-per-tutti, e questo getta ombra al bipolarismo associativo. Il baricentro contrattuale sarà sempre più vicino alle aziende, sempre più libero.

Insomma devo fare anche questo adesso, non potrò più fare l’imprenditore nel modo in cui lo ero fino ad ieri! Non c’è più il tempo, per davvero, di tornare al Bar Sport per il gusto di lamentarsi un po’!

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